venerdì 11 marzo 2011

Monte Matto

Premetto che questa fantastica 2 giorni mia e di Andrea nel vallone della Meris è stata improvisata la sera prima della partenza, ma soprattutto scelta come gita "di ripiego"! Infatti l'idea originale era di chiudere la sessione esami con una incursione nell'alta valle Ubaye con pernottamento all'albergo di Maljasset, ma la chiusura del colle della Maddalena x rischio valanghe ha sconvolto i nostri piani, meglio così!

Come conseguenza di questo radicale cambio di programma abbiamo dovuto affrontare la nostra totale mancanza di atrezzatura per gestire una fredda notte in rifugio, ma basta una telefonata ed ecco che spunta un buon fornello a gas (speciali ringraziamenti ad Aurelio), ma ahimè senza gas, componente non del tutto trascurabile per il buon funzionamento del dispositivo!
In sostanza per l'approviggionamento del combustibile la mattina della partenza ci ritroviamo a girovagare tra benzinari senza comprensione e negozi sbarrati che fanno scendere il morale dei nostri eroi sotto le scarpe... Con gran botta di culo capitiamo esattamente alle 7.33 davanti all'uomo giusto (cioè la Liquigas dalla discesa del gas, apertura h 7.30), acquistiamo la merce e via su per la val Gesso.

Parcheggiamo a Sant'Anna, sovrastata dal severo gruppo delle Aste, che rivedremo sia nel pomeriggio che l'indomani sovrastandolo dalla cima del Matto,



e iniziamo a salire attraverso il paese sci in spalla, tanto per aggiungere un pò di peso ai già molestissimi zaini. Lasciate le ultime case non ci lascia la sofferenza, xchè ormai il sentiero è praticamente spoglio di neve e non ci resta che scarpinare per un'altro quarto d'ora...

Finalmente la neve è sufficiente per calzare gli sci, ma gli svariati guadi da attraversare ci costringono a numerosi gava-buta, come quello qui documentato:


Dopo questo preludio piuttosto antipatico (che ovviamente costituirà l'epilogo dell'indomani), il sentiero cambia di esposizione, la neve diviene abbondante e possiamo seguire contenti la traccia ben battuta che si snoda davanti a noi...


...attraversando valanghe già notevoli, ma penso trascurabili rispetto a quelle immani cadute nei due anni scorsi, di cui si riconoscono ancora i segni delle devastazioni.


Dopo il primo tratto nel bosco, dove la valle è molto stretta e il sentiero sale con una certa pendenza, ci ritroviamo all'inizio del primo pianoro, che ci fà subito capire quanto lungo ancora sarà l'avvicinamento al rifugio.


La monotonia del tratto in piano è improvvisamente interrotta da una inaspettata apparizione di primavera! Qualche decina di metri quadri di verde acceso hanno preso il posto della neve, il contrasto di colori è veramente interessante.


Pian piano, nel senso di pianoro dopo pianoro, ci addentriamo nella Meris, imponenti cime appaiono sul lato destro orografico del vallone, sono l'Arculon


e il Latous, vetta che tenteremo nel pomeriggio, invisibile dal punto in cui ci trovamo ora, ma della quale riporto la foto della variante di discesa che sbuca direttamente sul piano a 1700 m circa. Come vediamo la parete è piuttosto complessa e necessita di un'attenta valutazione anche se sciisticamente è solo BS. La descrizione completa dell'itinerario (come di tutti quelli del vallone) si trova sul sito del Rifugio Livio Bianco.


La contemplazione del panorama non basta però a neutralizzare il peso degli zaini, veramente un pò troppo invadenti, che mettono a dura prova la pazienza mia e del buon Riba


qui immortalato mentre ammira il gioco di luci sulla neve glassata da un velo di ghiaccio formatosi per l'umidità del torrente.


Finalmente attraversiamo anche l'ultimo pianoro e con breve salita ci ritroviamo nei pressi del ponte sull'emissario del lago Sottano di Sella: è il segno che ormai il rifugio è veramente vicino!


Arrivati al rifugio ecco la bella sorpresa che faciliterà non poco la nostra sopravvivenza nel freddo clima invernale: il gentilissimo gestore, Livio Bertaina, è presente per lavori, in questo modo ci ritroviamo l'accesso al locale invernale già spalato come pure i tavoli dell'area pic-nic, dove ci gustiamo un buon panino al sole.

L'aver posato gli zaini, l'essersi sistemati nel ricovero senza alcuno sforzo (altrimenti avremmo dovuto spalare oltre 2 m di neve!) e il 18 °C dell'aria hanno reso questo momento veramente rilassante,


tantè che decidiamo di sgambettare ancora un pò nel pomeriggio, puntando al vallone del Latous, già adocchiato la sera precedente e recensito come gita dalla neve farinosa assicurata. Sembra proprio che tutto vada per il verso giusto e che il dio della pigrizia sia dalla nostra parte, xchè la salita è stata tracciata giusto il giorno prima da 2 scialpinisti amici del gestore.

In definitiva verso la mezza ripartiamo, appesantiti dal pranzo ma ora con zaini decisamente più leggeri, e seguendo la ripida traccia ci innalziamo sulla prima balza sovrastante il rifugio,


costellata da larici radi e altre belle conifere che si stagliano contro il cielo.


Superato questo primo ripido tratto entriamo in una zona caratterizzata da due profonde depressioni separate da un'isolotto roccioso centrale. Da qui possiamo già scorgere il colletto del Latous, che appare ancora molto distante.


Ormai abituati all'avanzare in piano seguiamo la traccia che traversa sulla sinistra pendii assolati, ma che per fortuna avevano già scaricato nei giorni precedenti. Il vero effetto nefasto del sole lo ritroviamo sotto i piedi, nella forma di un terribile e indomabile zoccolo che raddoppia lo sforzo della salita e riesce a rigenerarsi ogni volta che con fatica lo si prova ad eliminare.


Lo zoccolo ci abbandonerà solo raggiunta l'ombra proiettata dall'enorme mole della parete NE del Matto, qui ripresa in panoramica con anche la cima del Latous sulla sinistra, e l'omonino colletto al centro.


Avanziamo quindi nell'ombra, nonostante siano passate da poco le 2 del pomeriggio e ci avviciniamo al colle.


Alle nostre spalle rispende invece ancora il sole, soprattutto sul versante sud della Gorgia Cagna, che da qui appare ripido ed elegante.


Finalmente siamo nei pressi del colle, di cui solamente gli ultimi metri non sono farinosi ma di neve ventata.


Ormai ci siamo, ecco che oltre il culetto di Andrea spunta la regina delle Marittime


come pure la sua sorella minore, l'Asta, forse ancora più spettacolare.


Sporgendosi un pò possiamo scorgere anche lo stabilimento delle Terme di Valdieri, giusto 1200 m più in basso!


Abbandonata l'idea di risalire con gli sci la parete del Latous, perchè ci appare decisamente carica di neve scaldata dal sole, decidiamo di tentare la salita a piedi lungo la cresta, che all'apparenza non presenta grandi difficoltà. Il lato più facile è quello che guarda le terme, dove però la neve è veramente troppo molle e non dà alcuna sicurezza. Considerando i già citati 1200 m di vuoto cerchiamo alternative: le roccette non sono certo difficili, ma neanche banali con gli scarponi da sci;


l'ultima alternativa potrebbe essere proprio la parete scartata perchè troppo carica, la cui salita e discesa sarebbero state più agevoli con una picozza, di cui per motivi di peso eravamo sprovvisti...

In definitiva dopo un breve tentativo e la contemplazione della cresta est del Matto, decidiamo che i 1500 m di dislivello compiuti sono sufficienti, anche pensando a quello che ci aspetta l'indomani; tornati al colle ci prepariamo dunque per la discesa.


Discesa che effettuiamo totalmente nell'ombra su una bella farina praticamente non toccata dal sole data l'esposizione del vallone. Forse l'unico neo di questo itinerario sono i due pianori che ne rompono la continuità.


In ogni caso seguiamo il consiglio del gestore e affrontiamo l'ultima balza non da dove eravamo saliti ma del tutto a destra, trovando ancora bella neve fino al lago.


Lago che attraversiamo per raggiungere il rifugio e il meritato riposo. Sottolineo ancora la grande diponibilità del gestore che ci accoglie davanti alla stufa, permettendo una certa asciugatura delle pelli. La serata (o meglio tardo pomeriggio) prosegue bene con discorsi di politica e montagna, il tutto condito con birra, vino e genepy, rivelatosi ottimo per prendere sonno nel freddo del locale invernale.

Sveglia ore 5.30, ma dato il grande rincoglionimento non siamo attivi che per le 6.15, giusto in tempo per goderci l'alba nel vallone, orientato quasi perfettamente ad est. Qui siamo al ponte e il sole ancora non è sorto,


ora invece risaliamo la balza sopra il lago che coincide con il tratto più ripido della salita, su neve trasformata dura, molto utili i coltelli.

Con grande piacere aggiungo le foto realizzate dal gentilissimo gestore Livio, che ha documentato la prima parte della salita appostato fuori dal rifugio. Questo è il tratto ripido, si scorgono i tornanti del sentiero estivo,


mentre qui siamo sul dosso prima della gorgia che scende dal lago soprano,


infine eccoci a iniziare a risalire il lato sinistro orografico della gorgia.

Intanto ammiriamo la Gorgia Cagna illuminata dal primo sole, la neve supertrasformata garantirebbe un'ottima discesa, ma oggi puntiamo a mete più elevate...


Finalmente iniziamo a prendere quota, ma il sole è già alto e la strada da percorrere ancora molto lunga.


Dopo aver superato curiosi e allo stesso tempo impressionanti canyon scavati dal vento in metri di neve


raggiungiamo il lago di Sella Superiore, dal quale non scorgiamo ancora la meta finale, ma che già ci fa assaporare l'ambiente di alta montagna verso il quale puntiamo.



Lasciato il lago alle nostre spalle, risaliamo il poco inclinato vallone soprastante,


cercando i punto giusto per salire verso i laghetti del Matto. Non conoscendo esattamente il percorso dell'itinerario invernale, decidiamo di seguire la traccia del sentiero estivo e appena possibile svoltiamo a sinistra risalendo docili pendii, in alto chiusi da un canalino più ripido che ci costringe a togliere gli sci.


Ovviamente non era la corretta strada, ma la deviazione ci ha permesso di ammirare da vicino la bella punta detta Innominata (accetto smentite sulla topologia) quotata 2819 m.


Sbucati dal canalino dobbiamo perdere qualche metro di quota per atterrare sul più elevato dei laghetti del Matto, che poteva (e doveva) essere più comodamente raggiunto lasciando la valle principale poco oltre la nostra deviazione (percorso poi seguito in discesa). In ogni caso siamo ormai sulla retta via, che Andrea scruta ormai abbastanza cotterello...


Risalendo un'altro tratto più ripido lo sguardo spazia ormai oltre i giganti calcarei della val Maira, fino alle cime del Delfinato.


Mentre sotto di noi i laghetti sono già lontani.


Eccomi all'uscita della rampa che riprendo fiato,


con vetta ormai in vista,


si decide per una rapida colazione prima di percorrere il pianoro finale.


In un attimo l'ombra della cima centrale ci fa ricordare che siamo a 3000 m in inverno,


un timore reverenziale ci raggela, ma ormai dobbiamo solo più risalire il canale della forcella, ripido ma non eccessivamente.


Arrivati alla forcella del Matto le emozioni avute il giorno precedente all'apparizione dell'Argentera si ripetono, ma sono spettacoli di fronte ai quali non ci si abitua di certo; inoltre oggi possiamo anche immaginarci il mare dietro le cime, nascosto sotto un soffice strato di nubi.


Iniziamo a risalire la facile cresta ormai consapevoli che la cima è nostra. Uno sguardo in basso verso l'impressionante cornice (5-6 m senza esagerare) aggettante lato Terme, già con una evidente e inquietante frattura, quindi occhio a non sporgersi venisse ricoperta da neve fresca...


Infine eccoci in vetta, con autoscatto abbastanza sofferto causa entrambe le macchine foto contamporaneamente scariche+out of memory! L'unica comodità è l'ottimo piano d'appoggio fornito dal segnale trigonometrico.


Rendendoci conto dell'ora ormai tarda (sono le 11 passate!) ci affrettiamo a scendere senza poter far più foto, a parte proprio quella da sotto la forcella.


La discesa è su ottima farina con veramente pochi tratti rovinati dal sole. Anche sotto il lago ci divertiamo su un crinale in perfette condizioni che costituisce la sponda destra orografica della gorgia dell'emissario. Unico tratto poco sciabile, ma qui la colpa è solo della nostra lentezza, è la rampa finale, come detto marmorea all'alba ma ormai praticamente liquefatta.

Recuperati i cenci al rifugio, salutato un ciaspolman venuto a banchettare sui tavoli al sole, percorriamo il lungo vallone molestati dalle numerose valanghe, belle da vedere ma pessime da attraversare. In ogni caso tutto va per il meglio e verso le 15 stiamo sorseggiando la birretta che saggiamente avevamo lasciato ad attenderci alla voiture...

Alla prossima!

5 commenti:

  1. Bravi.
    27-28 marzo 2010
    http://www.alefoto.it/photo/gite/monte-matto-scialpinismo

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